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El Papa abiertamente contra la eutanasia.

Papa Francesco contro l’eutanasia: “Il diritto di morire non ha basi giuridiche”

Il Pontefice incontra i giuristi del Centro Livatino, intitolato al magistrato vittima di mafia, e critica le sentenze in Italia e all’estero che seguono una giurisprudenza «creativa» Salvatore Cernuzio

CITTA’ DEL VATICANO. È «privo di qualsiasi fondamento giuridico» il cosiddetto «diritto di morire» sostenuto da alcune sentenze in Italia e in altri ordinamenti democratici. È frutto di una «giurisprudenza che si autodefinisce creativa».

Già bollata, insieme all’aborto, come «nazismo in guanti bianchi», Papa Francesco torna a tuonare contro l’eutanasia. Lo fa durante l’udienza di oggi in Vaticano ai membri del Centro Studi “Rosario Livatino”, associazione di giuristi che studia temi riguardanti il diritto alla vita, la famiglia e la libertà religiosa, intitolato al “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia a 38 anni che la Chiesa si prepara a proclamare beato.

Richiamando le parole del magistrato di Canicattì, il Pontefice critica con fermezza «lo sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti “nuovi diritti”, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo».

Il Papa fa proprie le osservazioni di Livatino pronunciate in una conferenza stampa in risposta alle preoccupazioni di un parlamentare laico del tempo per l’introduzione di un presunto diritto all’eutanasia: «Se l’opposizione del credente a questa legge si fonda sulla convinzione che la vita umana è dono divino che all’uomo non è lecito soffocare o interrompere, altrettanto motivata è l’opposizione del non credente che si fonda sulla convinzione che la vita sia tutelata dal diritto naturale, che nessun diritto positivo può violare o contraddire, dal momento che essa appartiene alla sfera dei beni “indisponibili”, che né i singoli né la collettività possono aggredire».

«Queste considerazioni – evidenzia Papa Francesco – sembrano distanti dalle sentenze che in tema di diritto alla vita vengono talora pronunciate nelle aule di giustizia, in Italia e in tanti ordinamenti democratici. Pronunce per le quali l’interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato; o che – secondo una giurisprudenza che si autodefinisce “creativa” – inventano un “diritto di morire” privo di qualsiasi fondamento giuridico, e in questo modo affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza».

Rosario Livatino aveva colto questi segni decenni prima che emergessero con tutta la loro preponderanza. L’attualità del suo pensiero è «sorprendente», sottolinea Bergoglio, come pure la sua figura che è «esempio non soltanto per i magistrati» che svolgono un lavoro «impegnativo e complicato», ma anche «per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni».

Ad esempio quella sullo statuto morale di chi è chiamato ad amministrare la giustizia: «Egli altro non è che un dipendente dello Stato al quale è affidato lo specialissimo compito di applicare le leggi, che quella società si dà attraverso le proprie istituzioni», diceva il futuro Beato. «Tuttavia – aggiungeva -, si è venuta sempre più affermando una diversa chiave di lettura del ruolo del magistrato, per cui quest’ultimo, «pur rimanendo identica la lettera della norma, possa utilizzare quello fra i suoi significati che meglio si attaglia al momento contingente».

Il tema scelto per il quinto convegno nazionale del Centro Studi Rosario Livatino,  “Magistratura in crisi. Percorsi per ritrovare la giustizia”, che si svolgerà oggi pomeriggio presso il Senato, si inserisce in questo solco, osserva il Papa, perché «chiama in causa una crisi del potere giudiziario che non è superficiale ma ha radici profonde».

Anche su questo versante, Livatino ha testimoniato «quanto la virtù naturale della giustizia esiga di essere esercitata con sapienza e con umiltà, avendo sempre presente la dignità trascendente dell’uomo», che rimanda «alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella “bussola” inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato».

Egli è «un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi» e di come «l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge».

Livatino ha fatto cercato di fare questo nel corso della sua breve carriera: «Quando fu ucciso non lo conosceva nessuno», rammenta il Papa. «Lavorava in un Tribunale di periferia: si occupava dei sequestri e delle confische dei beni di provenienza illecita acquisiti dai mafiosi. Lo faceva in modo inattaccabile, rispettando le garanzie degli accusati, con grande professionalità e con risultati concreti: per questo la mafia decise di eliminarlo».

Fu poi Giovanni Paolo II ad elevarlo alla dignità di «martire della giustizia e indirettamente della fede» durante il suo memorabile discorso nella Valle dei Templi di Agrigento, nel 1993, durante il quale lanciò un anatema contro la mafia e invitò perentoriamente gli uomini delle cosche alla conversione.


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Francia: muere Vincent Lambert

Manifestantes por Vincent Lambert. Manifestantes por Vincent Lambert.  

Muere Vincent Lambert. Santa Sede: “es una derrota para la humanidad”

Vincent Lambert ha fallecido esta mañana a las 8.24. Su sobrino dio la noticia. La Academia Pontificia para la Vida en un tweet habla de una derrota para nuestra humanidad.

Ciudad del Vaticano

Habría cumplido 43 años el próximo 20 de septiembre. En cambio, Vincent Lambert ha fallecido esta mañana en el hospital de Reims, en el norte de Francia, donde estaba hospitalizado. Desde el pasado 2 de julio, se llevó a cabo la suspensión de alimentos e hidratación después de una larga batalla legal. Vincent no se estaba muriendo. Durante más de 10 años vivió en un estado de conciencia mínima, para algunos, para otros en estado vegetativo, después del accidente de tráfico que lo dejó tetrapléjico en 2008.

El tweet del Papa Francisco

Son varios los llamamientos del Papa Francisco sobre su caso. Ayer mismo el Papa escribió mediante un tweet: “Oremos por los enfermos que son abandonados hasta dejarlos morir. Una sociedad es humana si protege la vida, toda vida, desde el inicio hasta su fin natural, sin decidir quién es digno o no de vivir.  ¡Que los médicos ayuden la vida, no la quiten!”

@Pontifex_es
@Pontifex_es

El tweet de la Academia Pontificia para la Vida

Esta mañana, también la Academia Pontificia para la Vida ha escrito a través de Twitter: “Mons. Paglia y toda la Academia Pontificia para la Vida oran por la familia de Vincent Lambert, por los médicos, por todas las personas involucradas en este asunto. La muerte de Vincent Lambert y su historia son una derrota para nuestra humanidad».


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Francia: el caso Lambert y la eutanasia?

 Vincent Lambert ONU Ginebra suspensión tratamientoEl neurólogo y consultor de los padres muestra una foto de Vincent Lambert en la ONU en Ginebra   (AFP or licensors)

Caso Lambert. Desde hoy suspensión del tratamiento. Don Colombo: acto inhumano de eutanasia

El médico de Vincent Lambert ha decidido interrumpir, a partir de hoy, tratamientos esenciales como la hidratación y la nutrición. Entrevista con Don Roberto Colombo de la Facultad de Medicina y Cirugía de la Universidad Católica del Sagrado Corazón de Roma.

El médico de Vincent Lambert ha decidido «interrumpir los tratamientos» a partir de hoy. Lo refieren algunas fuentes de prensa recordando que el pasado viernes el Tribunal de Casación emitió una sentencia con la cual se cancela la suspensión de la interrupción del tratamiento, preanunciada el 20 de mayo por el Tribunal de Apelación de París. Su esposa está a favor de la suspensión de los tratamientos. En cambio, los padres están en contra. Para algunos médicos, Vincent Lambert, de 42 años, tetrapléjico e inmovilizado desde 2008 tras un accidente de tráfico, se encuentra en estado vegetativo, mientras que para otros, como lo documentan fotos tomadas por los padres, se encuentra en un estado de conciencia mínima.

Vincent no es un hombre moribundo

«Vincent Lambert está vivo, como uno de nosotros. No respira mecánicamente y su corazón late espontáneamente. No es un paciente en la fase terminal de su enfermedad, pero está estabilizado. No está agonizante. Sólo necesita cuidados fisiológicos esenciales, los que se dan a cada paciente en el hospital o en casa». Así lo subraya Don Roberto Colombo, de la Facultad de Medicina y Cirugía de la Universidad Católica del Sagrado Corazón de Roma, miembro de la Academia Pontificia para la Vida y consultor del Departamento para los Laicos, la Familia y la Vida, en la entrevista concedida a Luca Collodi de Radio Vaticano Italia.

Tentación de la eutanasia

«La última sentencia del Tribunal de Casación francés que le priva de hidratación y nutrición es un acto inaceptable e inhumano de eutanasia, porque tiene por objeto la supresión intencional y directa de la vida de un paciente”. Nos enfrentamos,  explica el padre Colombo,  de frente a «una obstinación eutanásica indigna de la buena medicina y de una sociedad civil fundada en el derecho y en la igualdad de todos los ciudadanos, aunque sean gravemente discapacitados». Para el Papa «la eutanasia y el suicidio asistido son una derrota para todos. La respuesta a la que estamos llamados es a no abandonar nunca a los que sufren, a no rendirse, sino a cuidar y amar para devolver la esperanza».

Apelo de la madre ante la Onu de Ginebra

Ayer, en un emotivo discurso ante el Comité Internacional sobre los Derechos de las Personas con Discapacidad en Ginebra, la madre Vincent denunció el intento de «asesinar» legalmente a su hijo: «¿Por qué no nos escuchan? Vincent es un ser humano, no un objeto». «Vincent -dijo la mujer- no es un vegetal. Nunca he visto a un vegetal girar la cabeza cuando se le llama. Tengo muchas fotografías y vídeos, continúa Viviane Lambert, que muestran exactamente lo contrario de lo que se puede ver en la prensa. La mujer lanzó un conmovedor «apelo para pedir ayuda». «Sin su intervención -dijo- mi hijo será sometido a eutanasia por un médico debido a su discapacidad cerebral”.


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Defensa de la vida. Fuerte movimiento en Italia. Palabras del Papa

Papa FranciscoPapa Francisco  (L’OSSERVATORE ROMANO)

Papa Francisco al Movimiento por la Vida, Italia

La misión de cuidar la vida es para todo ser humano: “Cuidar la vida requiere que lo hagas durante toda tu vida y hasta el final. Y también requiere que se preste atención a las condiciones de vida: salud, educación, oportunidades de trabajo, etc.; en resumen, todo lo que permite a una persona vivir con dignidad”

Manuel Cubías – Ciudad del Vaticano

El Movimiento por la Vida (MPV) es la federación que reúne a los más de seiscientos movimientos locales, Centros y servicios de ayuda a la vida y Hogares que existen actualmente en Italia. Su objetivo es promover y defender el derecho a la vida y a la dignidad de toda persona, desde la concepción hasta la muerte natural, promoviendo una cultura de aceptación de los más débiles e indefensos y, sobre todo, del niño concebido y aún no nacido.

El Movimiento tiene oficinas locales en todo el país y está dividido en 20 federaciones regionales. La actual Presidenta, elegida para el trienio 2018-2021, es Marina Casini.

El Papa Francisco comienza su discurso agradeciendo a la Presidenta del Movimiento Pro Vida el trabajo de su organización al servicio de la vida. Así como recuerda el origen del movimiento fundado hace 41 años por los obispos italianos.

Defender la vida es tarea de todos

Luego, define lo que es la premisa general de su discurso: “la defensa de la vida no se realiza de una sola manera o con un solo gesto, sino que se realiza en una multiplicidad de acciones, atenciones e iniciativas; tampoco concierne sólo a ciertas personas o a ciertos campos profesionales, sino que involucra a todos los ciudadanos y al complejo entramado de las relaciones sociales”.

Para el Obispo de Roma, “la defensa de la vida tiene su punto de apoyo en la acogida de los que nacieron y aún están en el seno materno, envueltos en el seno de la madre como en un abrazo amoroso que los une”.

Yo te cuido

También expresa su aprecio por “el tema elegido este año para el concurso europeo propuesto a las escuelas: «Yo te cuido». El modelo de maternidad». Nos invita a mirar la concepción y el nacimiento no como un hecho mecánico o físico, sino desde el punto de vista de la relación y la comunión que une a la mujer y a su hijo”.

El Papa subraya que “El Día de la Vida de este año recuerda un pasaje del profeta Isaías que nos conmueve cada vez, recordando la maravillosa obra de Dios: «¡Aquí estoy haciendo algo nuevo! (Is 43,19), dice el Señor, dejando que su corazón siempre joven y su entusiasmo generen, cada vez como al principio, algo que no existía antes y que trae una belleza inesperada”.

La vida no es objeto de consumo

Francisco expresa el peligro de considerar la vida como un objeto de consumo desechable: “incluso la vida se reduce a bienes de consumo, para ser usados y desechados, para nosotros mismos y para los demás. Qué dramática es esta visión, desgraciadamente extendida y arraigada, y cuánto sufrimiento causa al más débil de nuestros hermanos!”.

En su mensaje, el Papa hace un llamado a los niños y a los jóvenes: “Queridos niños y niñas, sois un recurso para el Movimiento por la Vida, para la Iglesia y para la sociedad, y es hermoso que dediquéis tiempo y energía a la protección de la vida y al apoyo de los más indefensos”.

Finalmente, agradece al Movimiento por la Vida italiana, toda su labor y hace un llamado a los políticos, a quienes recuerda su responsabilidad para con toda la sociedad:

“para que pongan como piedra angular del bien común la defensa de la vida de los que están a punto de nacer y hacer su entrada en la sociedad, a la que vienen a aportar novedad, futuro y esperanza. No se dejen condicionar por una lógica que apunta al éxito personal o a intereses sólo inmediatos o partidistas, sino que siempre miren lejos”.


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Alarma del Papa ante la falta de respeto a la vida.

El Papa: “La vida está siendo transgredida brutalmente por las ganancias económicas y la tecnología”

Carta del papa Francisco a monseñor Paglia por el 25º de la Academia Pontificia para la Vida: “Avanza la anti-cultura de la guerra y de la división”. Aborto y eutanasia “males gravísimos” que “nos hunden en la anti-cultura de la muerte”
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Pubblicato il 16/01/2019
Ultima modifica il 16/01/2019 alle ore 00:11
SALVATORE CERNUZIO
CIUDAD DEL VATICANO

“El umbral del respeto fundamental de la vida humana está siendo transgredido hoy en día de manera brutal, no solo por el comportamiento individual, sino también por los efectos de las opciones y de los acuerdos estructurales. La organización de las ganancias económicas y el ritmo de desarrollo de las tecnologías ofrecen posibilidades nuevas para condicionar la investigación biomédica, la orientación educativa, la selección de necesidades y la calidad humana de los vínculos”. Es un panorama preocupante el que describe el Papa en su carta a monseñor Vincenzo Paglia en ocasión de los 25 años de la Academia Pontificia para la Vida, creada en 1994 por voluntad de Juan Pablo II con el Motu proprio Vitae mysterium y confiada a la guía del Siervo de Dios Jérôme Lejeune.

En este cuarto de siglo de la fundación, la Academia ha mostrado un notable compromiso tanto en el frente de la denuncia y del contrasto de aborto y eutanasia, dos “males gravísimos” que “contradicen el Espíritu de la vida y nos hunden en la anti-cultura de la muerte”, tanto por la promoción y la tutela de la vida humana. En la carta a Paglia –nombrado en 2016 presidente de a institución–, el papa Francisco anima al trabajo que se hace cada día más urgente, en un momento histórico en el que la humanidad entera “está en graves dificultades” y las relaciones familiares y la convivencia social “aparecen profundamente desgastadas”.

Es culpa, escribe el Papa en la misiva, de la “desconfianza recíproca entre los individuos y entre los pueblos se alimenta de una búsqueda desmesurada de los propios intereses y de una competencia exasperada, no exenta de violencia”. Y culpa también de la “distancia entre la obsesión por el propio bienestar y la felicidad compartida de la humanidad” que parece ampliarse hasta tal punto “que da la impresión de que se está produciendo un verdadero cisma entre el individuo y la comunidad humana”.

“Somos plenamente conscientes de que el umbral del respeto fundamental de la vida humana está siendo transgredido hoy en día de manera brutal, no solo por el comportamiento individual, sino también por los efectos de las opciones y de los acuerdos estructurales. La organización de las ganancias económicas y el ritmo de desarrollo de las tecnologías ofrecen posibilidades nuevas para condicionar la investigación biomédica, la orientación educativa, la selección de necesidades y la calidad humana de los vínculos”.

La “comunidad humana”, que es “el señor de Dios desde antes de la creación del mundo”, aparece hoy herida y atacada. La Iglesia está “llamada a relanzar vigorosamente el humanismo de la vida”, a partir de su raíz que es el amor incondicional de Dio del cual toma su impulso “el compromiso para comprender, promover y defender la vida de todo ser humano”. No nos podemos limitar por tanto a “aplicar criterios de conveniencia económica ni política” o a “algunos acentos doctrinales o morales que proceden de determinadas opciones ideológicas”, escribe Francisco.

En esta óptica recuerda el testimonio de Lejeune que, “claramente convencido de la profundidad y rapidez de los cambios que se producen en el ámbito biomédico, consideró oportuno sostener un compromiso más estructurado y orgánico” en el frente de la vida humana, desarrollando en la Academia “iniciativas de estudio, formación e información para que «quede de manifiesto que la ciencia y la técnica, puestas al servicio de la persona humana y de sus derechos fundamentales, contribuyen al bien integral del hombre y a la realización del proyecto divino de salvación”.

Aprovechando su experiencia, “el propósito era el de hacer que la reflexión sobre estas cuestiones tuviera cada vez más en cuenta el contexto contemporáneo”, insiste el Papa. “Es urgente intensificar el estudio y la comparación de los efectos de esta evolución de la sociedad en un sentido tecnológico para articular una síntesis antropológica que esté a la altura de este desafío de época. El área de vuestra experiencia calificada no puede limitarse, pues, a resolver problemas planteados por situaciones específicas de conflicto ético, social o legal”, escribe a Paglia y a todos los miembros de la Academia. “La inspiración de una conducta consistente con la dignidad humana atañe a la teoría y a la práctica de la ciencia y la técnica en su enfoque general de la vida, de su significado y su valor”.

Recordando Laudato si’, el Papa Francisco resalta “el estado de emergencia en el que se encuentra nuestra relación con la tierra y los pueblos. Es una alarma causada por la falta de atención a la gran y decisiva cuestión de la unidad de la familia humana y su futuro. La erosión de esta sensibilidad, por parte de las potencias mundanas de la división y la guerra, está creciendo globalmente a una velocidad muy superior a la de la producción de bienes”. Para el Papa se trata de “una verdadera y propia cultura —es más, sería mejor decir anti-cultura— de indiferencia hacia la comunidad: hostil a los hombres y mujeres, y aliada con la prepotencia del dinero”.

Esta emergencia revela además “una paradoja”. “¿Cómo es posible que, en el mismo momento de la historia del mundo en que los recursos económicos y tecnológicos disponibles nos permitirían cuidar suficientemente de la casa común y de la familia humana —honrando así a Dios que nos los ha confiado—, sean precisamente estos recursos económicos y tecnológicos los que provoquen nuestras divisiones más agresivas y nuestras peores pesadillas?”, se pregunta Francisco.

“Los pueblos sienten aguda y dolorosamente, aunque a menudo confusamente, la degradación espiritual —podríamos decir el nihilismo— que subordina la vida a un mundo y a una sociedad sometidos a esta paradoja. La tendencia a anestesiar este profundo malestar, a través de una búsqueda ciega del disfrute material, produce la melancolía de una vida que no encuentra un destino a la altura de su naturaleza espiritual”.

Debemos reconocerlo: “Los hombres los hombres y mujeres de nuestro tiempo están a menudo desmoralizados y desorientados, sin ver”, afirma el Obispo de Roma. Todos estamos un poco replegados sobre nosotros mismos. El sistema económico y la ideología del consumo seleccionan nuestras necesidades y manipulan nuestros sueños, sin tener en cuenta la belleza de la vida compartida y la habitabilidad de la casa común”. El pueblo cristiano está llamado a reaccionar ante los espíritus negativos que fomentan la división, la indiferencia y la hostilidad”, y recoge el grito de sufrimiento de los pueblos”. “Debe hacerlo no solo por sí mismo, sino por todos. Y tiene que hacerlo de inmediato, antes de que sea demasiado tarde”.

La del Papa es casi una súplica: “No podemos continuar por el camino del error que se ha seguido en tantas décadas de deconstrucción del humanismo, identificado con toda ideología de voluntad de poder, que se sirve del firme apoyo del mercado y la tecnología, por ello hay que combatirla a favor del humanismo”. “La diferencia de la vida humana es un bien absoluto, digno de ser custodiado éticamente y muy valioso para la salvaguardia de toda la creación”, añade el Pontífice.

Es hora, subraya, de relanzar “una nueva visión de un humanismo fraterno y solidario de las personas y de los pueblos” y también de reconocer lo que Juan Pablo II “gestos de acogida y defensa de la vida humana, la difusión de una sensibilidad contraria a la guerra y a la pena de muerte, así como un interés creciente por la calidad de la vida y la ecología”. Wojtyla indicaba entre estos gestos “la difusión de la bioética, como la difusión de la bioética como uno de los signos de esperanza, es decir, como «la reflexión y el diálogo —entre creyentes y no creyentes, así como entre creyentes de diversas religiones— sobre problemas éticos, incluso fundamentales, que afectan a la vida del hombre”.

Como conclusión de la carta, el Papa se concentra en las nuevas tecnologías hoy definidas “emergentes y convergentes”, o lo que es lo mismo, tecnologías de la información y comunicación, biotecnologías, nanotecnologías, robótica. “Hoy es posible intervenir con mucha profundidad en la materia viva utilizando los resultados obtenidos por la física, la genética y la neurociencia, así como por la capacidad de cálculo de máquinas cada vez más potentes”, destaca Francisco. “También el cuerpo humano es susceptible de intervenciones tales que pueden modificar no solo sus funciones y prestaciones, sino también sus modos de relación, a nivel personal y social, exponiéndolo cada vez más a la lógica del mercado”.

Es necesario por tanto “comprender los cambios profundos que se anuncian en estas nuevas fronteras, con el fin de identificar cómo orientarlas hacia el servicio de la persona humana, respetando y promoviendo su dignidad intrínseca”. Una tarea “muy exigente, que requiere un discernimiento aún más atento de lo habitual, a causa de la complejidad e incertidumbre

de los posibles desarrollos”.


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El caso del niño Alfie Evans

Alfie Evans; desconectan el ventilador: respira autónomamente desde ayer

Inútiles todos los intentos para frenar la decisión de los jueces con la concesión de la ciudadanía italiana. Nuevo llamado del Papa: “Escuchen el sufrimiento de los padres”

Apoyando a Alfie fuera del hospital de Liverpool

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Pubblicato il 24/04/2018
Ultima modifica il 24/04/2018 alle ore 09:30
ANDREA TORNIELLI

Alfie Evans, niño de 23 meses que sufre una gravísima enfermedad cerebral y se encuentra hospitalizado en el Alder Hey Hospital de Liverpool, hasta hace pocas horas vivía con la ayuda de un respirador artificial. Ahora vive solamente con sus pequeñas fuerzas. A las 22.17 de ayer (hora local), lunes 23 de abril, los padres Thomas y Kate informaron que fue desconectado el ventilador. La aplicación del protocolo se llevó a cabo con casi medio día de retraso, después de varias horas de incertidumbre y de los intentos para permitir que el niño siguiera viviendo con cuidados paliativos. El niño que, según las previsiones habría debido fallecer en poco tiempo, sigue viviendo y respira autónomamente, circunstancia que avala las dudas de todos los que pensaban que se trataba de un caso de ensañamiento terapéutico.

 

La noticia más significativo de ayer por la tarde fue la decisión, comunicada al unísono por los ministros del Exterior y del Interior italianos, Angelino Alfano y Marco Minniti, de concederle la ciudadanía italiana al niño para permitir su traslado a Italia. También en el Vaticano, durante las últimas horas, se tomó en consideración la posibilidad de otorgarle a Alfie y a su familia el pasaporte de los ciudadanos vaticanos. Pero el problema es que la nueva ciudadanía (tanto vaticana como italiana) se habría sumado a la ciudadanía británica, por lo que Alfie estaría sujeto a las leyes inglesas. Además, el Vaticano no es un país que forme parte de la Unión Europea, por lo que la “santa” ciudadanía no sería resolutiva. Solamente si los padres renunciaran a la ciudadanía británica se habría podido poner en discusión la autoridad de la magistratura inglesa.

 

Ayer al amanecer, como signo de solidaridad y de cercanía, en nombre del Papa Francisco, la presidenta del Hospital infantil Bambino Gesù y un anestesista viajaron a Inglaterra, vía Alemania, para llegar lo antes posible al Alder Hey Hospital de Liverpool. No les permitieron ingresar a la habitación del niño ni hablar con los médicos. Como se recordará, en septiembre del año pasado, sin clamor mediático, un equipo médico del Bambino Gesù ya había estado en Liverpool para ver las condiciones de Alfie. La conclusión fue que no había esperanzas para que se curara ni tratamientos posibles, pero el hospital infantil vaticano habría recibido con mucho gusto al pequeño, encargándose del peligroso traslado a Italia, en donde Alfie habría sido asistido con cuidados paliativos.

 

«¡Traigan aquí a Alfie!», dijo el Papa Francisco al final del encuentro con el padre del niño, durante una audiencia privada concedida a Thomas Evans el pasado miércoles 18 de abril por la mañana. La audiencia fue concedida pocas horas que la hubiera pedido. El Papa ha lanzado cuatro llamados públicos para que se ayude a Alfie, los más importantes han sido los que pronunció después del Regina Coeli del 15 de abril y al final de la audiencia general del miércoles pasado. Ayer por la noche, Francisco “tuiteó” un nuevo llamado:

 

Papa Francisco

@Pontifex_es

Conmovido por las oraciones y la amplia solidaridad en favor del pequeño Alfie Evans, renuevo mi llamamiento para que se escuche el sufrimiento de sus padres y se cumpla su deseo de intentar nuevas posibilidades de tratamiento.

A las 21.40 de ayer (hora inglesa) el Papá de Alfie comunicó que un juez dio la orden para proceder con la interrupción de la respiración artificial. Los defensores de los padres del pequeño trataron de apelar ante el juez tutelar, pidiendo la concesión de los pasaportes y la orden de un traslado inmediato a Italia, al hospital Bambino Gesù de Roma o al Gaslini de Génova. Los abogados de la familia Evans llevaron la documentación al Consulado italiano en Londres, que también desempeña funciones de juez tutelar para los menores italianos en el extranjero, sosteniendo que apagar cualquiera de las máquinas que habrían podido mantener con vida a Alfie habría sido ilegal puesto que se trataba de un ciudadano italiano en el extranjero.

 

A las 22.17 fue desconectado el respirador automático y el niño comenzó a respirar con sus propias fuerzas. Ha necesitado oxígeno en las horas siguientes, pero los médicos inicialmente no se lo suministraron. A pesar de ello, ha seguido viviendo, por lo que seis horas después de que hubieran apagado el respirador, el padre del pequeño, Thomas Evans, insistió en que los médicos debían volver a hidratarlo. Y así lo hicieron. También le han suministrado oxígeno, por lo que Alfie sigue luchando por su vida, abrazado a su mamá.


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El estado de salud del niño Evans

El pequeño Alfie está recibiendo un tratamiento de hidratación.El pequeño Alfie está recibiendo un tratamiento de hidratación.  (ANSA)

Alfie Evans sigue respirando tras ser desconectado de las máquinas

Aunque los profesionales sanitarios habían afirmado que no sobreviviría más de unos minutos sin asistencia artificial, el pequeño continúa manteniendo signos vitales sin padecer sufrimiento

Ciudad del Vaticano

Alfie Evans respira por sus propios medios tras ser desconectado por decisión médica. El bebé británico que sufre una enfermedad cerebral degenerativa incurable, fue desconectado de las máquinas que le mantenían con vida el lunes 23 de abril.

A pesar, de que los profesionales sanitarios habían asegurado que no sobreviviría más de unos minutos sin esa asistencia artificial, el pequeño lleva horas respirando, y continúa manteniendo signos vitales sin padecer sufrimiento, según ha declarado este martes su padre, Tom Evans, y el equipo médico del hospital Alder Hey Children’s de Liverpool (Inglaterra) donde el niño, de 23 meses, permanece ingresado desde diciembre de 2016 en estado semivegetativo.

Alfie recibe un tratamiento de hidratación

Tom Evans ha explicado a varios medios que, después de una larga conversación con los especialistas, consiguió convencerles para que accedieran a «darle agua y oxigenar su cuerpo» al ver que, seis horas después de desenchufarle, Alfie seguía con vida.

 

Los padres del niño se muestran esperanzados ante la fortaleza que está mostrando su hijo, que lucha por su vida, y piden que se le continúe proporcionando este soporte vital mediante el tratamiento de hidratación, asegurando también que el pequeño está acompañado en todo momento por su madre.

Rechazada de momento la petición de traslado a Roma

Los padres del bebé, Tom Evans, de 21 años, y Kate James, de 20, han librado una batalla judicial para conseguir permiso para trasladar a su hijo al Hospital Bambino Gesù, en Roma, contando con el total apoyo del Papa Francisco para continuar con su tratamiento, después de que los médicos británicos recomendaran desconectar al menor de las máquinas que le mantenían con vida por encontrarse en un estado «irreversible».

Pero su demanda ha sido rechazada por las distintas instancias judiciales del Reino Unido a las que han apelado, así como por la Corte Europea de Derechos Humanos de Estrasburgo.

Italia concede la ciudadanía a Alfie

El lunes 23 de abril, Vatican News, publicó la noticia de que el gobierno Italiano ha concedido al pequeño Alfie la nacionalidad italiana, y se espera que esto permita la transferencia del bebé al hospital ‘Bambino Gesù’ del Vaticano en Roma, que con la solicitud del Papa Francisco, ha ofrecido hacerse cargo del niño.

La noticia llegó través de un comunicado del Ministerio de Relaciones Exteriores de Italia, publicado por el ministro de Exterior, Angelino Alfano, y el ministro del Interior, Marco Minniti, quienes otorgando la naturalización al pequeño Alfie, esperan “que se permita la transferencia inmediata del niño a este país”.

Asimismo, Mariella Enoc, presidenta del Hospital ‘Bambino Gesù’, ha expresado en entrevista a Vatican News Italia, la clara petición que le formuló el Papa Francisco, “de hacer todo lo posible e incluso lo imposible para salvar a Alfie”.

Llamamiento del Papa en favor de la vida de Alfie

Por su parte, el Santo Padre sigue de cerca y con consternación, la evolución del estado de salud del pequeño.

Tal como ha expresado en su tweet publicado el 23 de abril en su cuenta oficial de Twitter, @Pontifex, «conmovido por las oraciones y la amplia solidaridad en favor del pequeño Alfie Evans, renuevo mi llamamiento para que se escuche el sufrimiento de sus padres y se cumpla su deseo de intentar nuevas posibilidades de tratamiento».

Cabe destacar que el Papa recibió a Thomas Evans, padre del pequeño, en audiencia el 18 de abril. El progenitor pidió al Pontífice que se le otorgara la ciudadanía italiana a su hijo para poder transferirlo al ‘Bambino Gesù’, donde se ofrecieron a recibirlo y cuidarlo; una petición que finalmente ha sido concedida, pero cuyo traslado aún no ha sido aprovado por las Cortes judiciales.

Mientras tanto, el pequeño Alfie Evans sigue luchando por su vida.

Estado de salud de Alfie Evans


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Sigue el caso del pequeño Alfie, enfermo incurable. El interés del Papa

Tom Evans: “Le dije al Papa que quieren matar a mi hijo; espero que me ayude”

El papá del pequeño Alfie está en Roma para pedirle al Pontífice que trasladen al niño a Italia con la esperanza de poder encontrar una cura. «En Inglaterra discriminan a los discapacitados, los médicos nos tratan como criminales»

Tom Evans con el Papa en Santa Marta

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Pubblicato il 18/04/2018
SALVATORE CERNUZIO
CIUDAD DEL VATICANO

«Le dije al Papa que están tratando de matar a mi hijo, sin un diagnóstico. Que nos tienen secuestrados y que los médicos nos tratan como criminales. En ningún país un niño recibe un trato de este tipo, peor que un prisionero». El rostro de Thomas Evans está cansado y sus ojos azules reclaman algunos minutos de descanso. Está vestido con elegancia, dada la circunstancia, pues decidió en un par de horas subirse al primer avión para ir a Roma y reunirse con el Papa.

 

En estos momentos decisivos para Alfie Evans, el niño inglés de 23 meses que se encuentra hospitalizado en el Arder Hey Hospital de Liverpool por una enfermedad neurológico degenerativa, cuyo respirador artificial los médicos quisieran desconectar, su padre decidió intentar lo imposible y dirigirse directamente al Papa Francisco para pedirle que salve «la vida de mi hijo». Vida «inútil», según los magistrados británicos, que emitieron recientemente una sentencia sobre el caso.

 

El Papa recibió a Thomas en Santa Marta a las 9 de hoy, 18 de abril de 2018, y estuvo con él alrededor de unos 20 minutos. La conversación fue posible gracias a la ayuda de una traductora. Francisco después se dirigió a la Plaza San Pedro para la Audiencia general, en donde lanzó un fuerte llamado por el pequeño enfermo y por el francés Vincent Lambert. 

 

Thomas se dijo animado por esta atención del Papa. Él mismo pidió reunirse con algunos periodistas italianos en la Plaza San Pedro, con la esperanza de que alguno de ellos pueda ayudarle de alguna manera a él y a su compañera Kate, de 20 años, en esta batalla por la vida de su hijo. Hablando con un particular acento dialectal de Liverpool (el “scouse”, según nos informan), el chico seguía agradeciendo al Papa, antes que nada, y a Italia por el apoyo que han manifestado.

 

«Son afortunado de estar aquí, y por haberme encontrado con Su Santidad. Le hablé con el corazón, le dije la verdad, le expliqué lo que hemos pasado y lo que estamos viviendo, cuál es la situación general en el Reino Unido. Él me demostró mucho afecto, me animó y me alabó por la valentía y la fuerza. Esto, para mí, es muy conmovedor, porque desde 2016 hasta la fecha la situación ha sido verdaderamente difícil. Después de que los medios de comunicación, los médicos y todos nos hubieran llamado “locos”, “estúpidos”, “inconscientes”, escuchar este aliento del Papa, esta posibilidad, me hizo comprender que en toda esta historia está Dios».

 

 

Lo que Tom y Kate esperan ahora es poder trasladar a su pequeño hijo a Italia para tratar de encontrar una cura. Tal vez podría ser al Hospital Bambino Gesù. Es la misma esperanza que nutrían los padres del pequeño Charlie Gard, Chris y Connie, el otro niño inglés gravemente enfermo cuya vida concluyó en julio de 2017. Pero el traslado no es fácil, porque podría representar un verdadero peligro para el niño, sometido a una traqueotomía. «Un sufrimiento increíble», explicó el padre.

 

Y reveló: «no entiendo el italiano, pero entendí que el Papa quiere actuar y que le dio a uno de sus colegas que comenzara inmediatamente a pedir el asilo para Alfie». En septiembre del año pasado, según pudo constatar Vatican Insider, un equipo de médicos del Hospital Bambino Gesù visitó a Alfie en Liverpool e insistió en su disponibilidad para acoger al pequeño. «No es una patología de la que uno se cure», fue el diagnóstico. Y se indicó que no había ninguna terapia experimental para ella. Entonces, se le propuso a la familia un plan terapéutico diferente, que no preveía el desenchufe de los respiradores artificiales, sino un pleno acompañamiento, además de la terapia contra el dolor hasta que el niño fuera capaz de soportarla.

 

Según Thomas y Kate, por el contrario, habría una posibilidad para curar a su hijo: «Alfie está mejorando, él lucha duramente. Está estable, puede volar al Vaticano, en donde la gente lo quiere, los doctores del hospital lo quieren. No está por morir». Por lo menos, indicó el joven padre, le gustaría ver que tratan a su hijo con humanidad: «lo han abandonado, con el pretexto de que como sea no hay ninguna solución para él. Le dejaron intencionalmente este tubo endotraqueal entre la nariz y la boca, que le hace mucho daño. Y lo saben en el hospital. Yo espero que, si viene a Italia, los doctores vean lo que hizo el hospital inglés, cuáles daños le provocaron. Por esto tienen miedo de dejar que Alfie se vaya, porque los demás hospitales podrían ver sus errores. Ahora se preocupan por su orgullo más que por la vida del niño».

 

Alfie «puede tener un mejor tratamiento» del que conceden en Inglaterra, «en donde discriminan a los discapacitados. Cuando hay enfermos terminales, el gobierno no quiere comprometerse en gastos costosos, porque es inútil». Como creyente, además de padre, se dijo convencido de que «nadie, ni los doctores ni los jueces y ni siquiera los padres tienen el derecho de quitarle la vida a un niño. Me dijeron que este niño, en las condiciones en las que está, no tiene ninguna razón para estar en la tierra. Yo creo que es un hijo de Dios y que morirá cuando Dios lo quiera».

 

«El único dueño de la vida, desde el inicio hasta el fin natural, es Dios», afirmó pocos minutos después Francisco en la Plaza San Pedro. «Esas palabras me hicieron llorar», reveló Tom. Y también Kate, la mamá de Alfie y su compañera desde hace 6 años, «fue arrollada por las emociones. Ahora está en la luna». «Se quedó al lado de la cuna de Alfie, hablamos rápidamente por teléfono. Ayer, cuando me fui de casa, le dije: “Voy a Italia para tratar de salvar a nuestro hijo”».

 

Ahora se espera una respuesta del Vaticano: «Esperamos recibirla dentro de algunos días, espero que el Papa encuentre una solución para salvar a Alfie en esta semana. Hoy vuelvo a casa, pero espero volver con mi hijo. De cualquier manera, yo y su mamá estamos a su lado y seguiremos estándolo cada día».


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El papel del dicasterio de la doctrina de la fe actualmente. Comentario

El Papa: la eutanasia no es una opción de civilización

Francisco recibió a la Congregación de la Doctrina de la Fe, que está concluyendo, entre otras cosas, estudios sobre las implicaciones éticas en el «campo económico-financiero»
REUTERS

El Papa Francisco

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Pubblicato il 26/01/2018
Ultima modifica il 26/01/2018 alle ore 15:45
IACOPO SCARAMUZZI
CIUDAD DEL VATICANO

 

El «crecimiento de la solicitud de eutanasia» que es consecuencia del «proceso de secularización» ha llevado a considerar «la voluntaria interrupción de la existencia humana como una opción de ‘civilización’». Lo denunció el Papa Francisco en la audiencia que concedió hoy por la mañana a la asamblea plenaria de la Congregación para la Doctrina de la Fe, en la que afirmó que «allí donde la vida vale no por su dignidad, sino por su eficiencia y por su productividad, todo ello se vuelve posible». El Pontífice latinoamericano subrayó que la misión del dicasterio tiene un «rostro eminentemente pastoral» y reveló con satisfacción que está acabando estudios sobre «las implicaciones éticas de una adecuada antropología también en el campo económico-financiero».

 

Durante la sesión plenaria, el dicasterio guiado desde hace pocos meses por el jesuita Luis Francisco Ladaria ha profundizado, además, otras cuestiones «delicadas sobre el acompañamiento de los enfermos terminales. Al respecto –dijo el Papa– el proceso de secularización, absolutizando los conceptos de autodeterminación y de autonomía, ha implicado en muchos países un crecimiento de la solicitud de eutanasia como afirmación ideológica de la voluntad de poder del hombre sobre la vida. Ello ha llevado también a considerar la voluntaria interrupción de la existencia humana como una opción de ‘civilización’. Está claro que allí donde la vida vale no por su dignidad, sino por su eficiencia y por su productividad, todo ello se vuelve posible. En este escenario hay que reiterar que la vida humana, desde la concepción hasta su fin natural, posee una dignidad que la hace intangible. El dolor, el sufrimiento, el sentido de la vida y de la muerte son realidades que a la mentalidad contemporánea le cuestan afrontar con una mirada llena de esperanza. Sin embargo, sin una esperanza confiable que lo ayude a afrontar incluso el dolor y la muerte, el hombre no logra vivir bien ni conservar una perspectiva confiada frente a su futuro. Este es uno de los servicios que la Iglesia está llamada a ofrecer al hombre contemporáneo».

 

Francisco agradeció a la Congregación para la Doctrina de la Fe por su compromiso en «todas las varias cuestiones que hoy exigen un discernimiento pastoral importante, como en el examen de los casos sobre los “graviora delicta” y de las solicitudes de disolución del vínculo matrimonial “in favorem fidei”», tarea mucho más esencial hoy puesto que el hombre «ya no sabe quién es y, por lo tanto, fatiga en reconocer cómo actuar bien. En este sentido, es decisiva la tarea de su Congregación en recordar la vocación transcendente del hombre y la inseparable conexión de su razón con la verdad y el bien, a la que introduce la fe en Jesucristo». Por ello, indicó Francisco, «aprecio el estudio el estudio que han emprendido sobre algunos aspectos de la salvación cristiana, para reafirmar el significado de la redención ante las hodiernas tendencias neo-pelagianas y neo-agnósticas, expresión de un individualismo que confía salvarse con sus propias fuerzas».

 

El Pontífice argentino también mencionó «los estudios que están llevando a término sobre las implicaciones éticas de una adecuada antropología también en el campo económico-financiero. Solamente una visión del hombre como persona, es decir como sujeto esencialmente relacional y connotado por una peculiar y amplia racionalidad, es capaz de actuar conforme al orden objetivo de la moral. El Magisterio de la Iglesia siempre ha insistido claramente, al respecto, que “la actividad económica debe ser conducida según las leyes y los métodos propios de la economía, pero en el ámbito del orden moral”», dijo el Papa citando la “Gaudium et Spes”.

 

La misión del ex Santo oficio, concluyó Bergoglio, «asume un rostro eminentemente pastoral. Pastores auténticos son aquellos que no abandonan al hombre a sí mismo, ni lo dejan presa de su desorientación y de sus errores, sino con verdad y misericordia lo llevan a reencontrar su rostro auténtico en el bien. Auténticamente pastoral es pues toda acción tendida a tomar de la mano al hombre, cuando ha perdido el sentido de su dignidad y de su destino, para conducirlo con confianza a redescubrir la paternidad amorosa de Dios, su destino bueno y las sendas para construir un mundo más humano. Ésta es la gran tarea que espera a su Congregación y a toda institución pastoral en la Iglesia».


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La eutanasia y el ensañamiento terapéutico en la doctrina de la Iglesia. Papa Francisco.

Papa Francisco: “No abandonar jamás al enfermo”

“Es necesario un suplemento de sabiduría, porque hoy es más insidiosa la tentación de insistir con tratamientos que producen potentes efectos en el cuerpo, pero no benefician al bien integral de la persona”: lo indica el Papa Francisco explicando que en la actualidad, “las intervenciones en el cuerpo humano se vuelven siempre más eficaces, pero no siempre son resolutivas”. Las palabras del Pontífice van dirigidas en una carta a Mons. Vincenzo Paglia, Presidente de la Academia Pontifica para la Vida y a los participantes en el Encuentro Regional Europeo de la Asociación Médica Mundial, en curso en el Vaticano el 16 y 17 de noviembre.

Citando la Declaración sobre la eutanasia del 5 de mayo de 1980, Francisco asegura que “es moralmente lícito renunciar a la aplicación de medios terapéuticos o suspenderlos, cuando su empleo no corresponde a aquel criterio ético y humanístico que seguidamente será definido proporcionalidad de las curaciones”. El Santo Padre destaca que esta elección “asume responsablemente el límite de la condición humana mortal, en el momento en el cual se toma conciencia de no poder contrastarlo más. “Así – subraya – no se quiere procurar la muerte”, sino que “se acepta de no poder impedirla”, como especificado en el Catecismo de la Iglesia Católica. Esta nueva perspectiva – evidencia aun el Papa – restituye a la humanidad el “acompañamiento del morir, sin abrir justificaciones a la supresión del vivir. No activar medios desproporcionados o suspender su uso “equivale a evitar el ensañamiento terapéutico” que tiene “un significado completamente diverso de la eutanasia, que es siempre ilícita”, porque interrumpe la vida causando la muerte.

El Papa llama entonces a un “atento discernimiento que considere la cuestión moral, las circunstancias y las intenciones de los sujetos involucrados. La dimensión personal y relacional de la vida y del mismo morir, que es siempre un momento extremo del vivir, debe tener en la curación y en el acompañamiento del enfermo, un espacio adecuado a la dignidad del ser humano”.

Y en este sentido el Pontífice señala que “la persona enferma reviste un papel principal” como señalado por el Catecismo de la Iglesia Católica: “Las decisiones deben ser tomadas por el paciente, si tiene la competencia y la capacidad”. “En diálogo con los médicos, debe evaluar los tratamientos que le son propuestos y juzgar sobre su efectiva proporcionalidad en la situación concreta, renunciando cuando tal proporcionalidad sea reconocida como carente”.

El Papa subraya el “condicionamiento de la creciente diferencia de oportunidades” marcada por la “acción combinada de la potencia tecno científica y por los intereses económicos” que lleva al incremento de la desigualdad terapéutica, “presente en los países más ricos donde el acceso a las curas corre el riesgo de depender más de la disponibilidad económica de las personas que de las efectivas exigencias de curación”.

Por ello, el Santo Padre llama a evidenciar el mandamiento supremo de la proximidad responsable, como aparece en la página evangélica del Buen Samaritano. El imperativo categórico – afirma Francisco – es aquel de no abandonar jamás al enfermo. Porque, como explica el Papa, la relación “es el lugar en el cual se nos pide amor y cercanía, más que cualquier otra cosa, reconociendo el límite que nos acomuna a  todos y justamente allí, volviéndonos solidarios. Cada uno – agrega – dé el amor en el modo que le es propio, ¡pero lo dé!

“Y si sabemos que de la enfermedad no se puede garantizar la curación, debemos cuidar siempre a la persona viviente”, sin ensañarnos inútilmente contra la muerte, señala el Papa. En este sentido se mueve la medicina paliativa, “de gran importancia también en el plano cultural, empeñándose en combatir todo lo que hace el morir más angustiante y sufrido, es decir, el dolor y la soledad”.

El Santo Padre señala que en sociedades democráticas, estos argumentos delicados deben ser tratados de manera seria y reflexiva y con la disponibilidad para encontrar soluciones y normas que sean compartidas lo más posible, y que tengan en cuenta la diversidad de las visiones del mundo, de las convicciones éticas y de pertenencias religiosas.

Francisco señala asimismo la obligación de parte de lEstado “que no puede renunciar a tutelar a todos los sujetos involucrados, defendiendo la fundamental igualdad para cada uno. Y no olvida, como es su costumbre, a los más débiles, para quienes pide una “particular atención” porque “no pueden hacerse valer solos sus propios intereses.

No  faltan en las palabras del Papa la indicación de una legislación en campo médico y sanitario, que necesita de una “mirada global” sobre lo que mayormente pueda promover el bien común en las situaciones concretas.


                                                                  Comentario de Vatican Insider
ANDREA TORNIELLI
CIUDAD DEL VATICANO

Habría que preguntarse por qué un «no» a la eutanasia y al abandono de los enfermos terminales tan claramente expresado y un convencido «no» al ensañamiento terapéutico sonó tan novedoso para algunos. En el mensaje enviado por el Papa Francisco el pasado jueves 16 de noviembre al encuentro regional europeo de la World Medical Association, organizado en colaboración con la Pontificia Academia para la Vida, los fundamentos doctrinales eran Pío XII, de hace sesenta años, la Congregación para la Doctrina de la Fe de 1980 y el Catecismo de la Iglesia católica.

 

No es ninguna novedad que la Iglesia, al insistir en su «no» al suicidio asistido, también diga «no» al ensañamiento terapéutico, es decir esas curas que han ido adquiriendo dimensiones desproporcionadas y que tal vez mantienen con vida al organismo humano, pero no tienen en cuenta el «bien integral de la persona». No es ninguna novedad recordar que hay casos en los que es lícito abstenerse de suministrar cuidados y tratamientos, que podrían extender un poco la vida de un paciente terminal.

 

Sin embargo, hay que plantearse algunas preguntas si las palabras del Pontífice son interpretadas por una parte de la opinión pública y por los medios de comunicación como «una novedad» o «una apertura». La cuestión no puede ser reducida solo a algunas citas interesadas de quienes voluntaria o involuntariamente acaban instrumentalizando las declaraciones del Papa para llevar agua al molino de las propias opiniones. Hay algo más. Legítimamente uno se podría preguntar si este efecto «novedad» no es también el resultado de décadas de contraposiciones ideológicas sobre los temas éticos más sensibles. Contraposiciones a menudo expresadas a gritos y que han creado un clima de incomunicabilidad.

 

Esa falta de comunicación que se aprecia en ciertos ataques contra todos los que promueven el diálogo y la confrontación, sin olvidar la enseñanza de la Iglesia sobre estos temas, pero tampoco sin cerrar a priori todas las puertas. Los programas «aperturistas» impuestos mediante colonizaciones ideológicas (con todo y su guarnición mediática) han provocado incluso reacciones descompuestas o que rozan el paroxismo. Y así ha parecido que para ciertos católicos ningún caso puede formar parte de los cánones del ensañamiento terapéutico.

 

Es por ello que las palabras del Papa pueden contribuir a regular los equilibrios de la situación favoreciendo espacios de diálogo, así como al redescubrimiento de las páginas del magisterio que han quedado (un poco) en el olvido.